Emoji, emoticon, “faccine” o che dir si voglia sono ormai parte della nostra quotidianità e le utilizziamo con estrema facilità, senza neanche porci troppa attenzione. Impiegate come vettore di comunicazione, ci permettono di rapportarci con persone di qualunque nazionalità e di comprenderle, al di là delle barriere linguistiche.
Inizialmente costituite da linee e punti, le emoji sono poi passate alla classica faccina gialla rotonda, espressione di una vasta gamma di emozioni, come ad esempio rabbia o tristezza, fino ad arrivare alle più recenti, che comprendono categorie di ogni genere, con una particolare attenzione ad evitare discriminazioni razziali o legate a disabilità fisiche. La parola “emoji” deriva dal giapponese e si traduce letteralmente come “immagine” (e) e “carattere” (moji), ossia l’immagine che parla, che comunica qualcosa. In effetti, queste faccine fungono proprio da sostituto del linguaggio del corpo, restituendo una dimensione emotiva che i messaggi di testo da soli non comunicherebbero.
Introdotte in Occidente da Apple, le emoji diventano così famose da meritare addirittura una ricorrenza internazionale esclusivamente a loro dedicata: il World Emoji Day. A stabilire questo giorno è stato l’australiano Jeremy Burge, fondatore di Emojipedia, il sito che si occupa di catalogare le emoji e di crearne sempre di nuove.
La varietà delle emoticon è davvero infinita e ognuno può scegliere di inviare quelle che preferisce. A tal proposito, è molto interessante notare come ogni nazione utilizzi le emoji in modo differente: ad esempio gli italiani utilizzano molto le emoticon della categoria “cibo e bevande”, mentre gli americani sono più soliti utilizzare quelle relative agli sport, come il cricket e il basket.
Così come ogni Paese presenta la sua gamma di faccine preferite, anche tra le varie generazioni sembra esserci un evidente gap di utilizzo. In particolar modo, al momento sembra esserci una vera e propria sfida, in termini di faccine, tra quella che definiamo generazione Z (giovani nati tra il 1995 e il 2010) e i Millennials (i nati tra la metà degli anni 1980 e la metà degli anni 1990). Secondo dei sondaggi condotti in Gran Bretagna dall’agenzia di ricerca e formazione Perspectus Global, l’emoticon che utilizziamo rivela moltissimo sulla nostra personalità, ma prima ancora sulla nostra età. Il pollice alzato, il cuore rosso, l’emoticon del bacio sono tutte espressioni che a detta degli under 20 “solo un vecchio utilizzerebbe”. I giovani di oggi sono più soliti utilizzare, per esempio, la faccina con gli occhi a cuore e la fiamma.
Ma vi siete mai chiesti com’è possibile che queste faccine siano visibili su ogni tipo di piattaforma e da ogni dispositivo? Questo può verificarsi grazie al “sistema di codifica Unicode”, che permette che ogni lettera, numero o simbolo sia ricondotto ad un codice univoco riconosciuto da tutti i dispositivi. Ad occuparsi di coordinare il lavoro per creare regole comuni di codifica c’è l’Unicode Consortium, che non solo sviluppa nuove emoji e le introduce sul web, ma si impegna inoltre per modernizzare quelle già esistenti.
Le emoji si sono talmente fatte strada nella nostra vita che ormai ogni frase che scriviamo è modificata da esse. Un esempio concreto di questo è l’aggiunta di cuori in messaggi che all’apparenza possono sembrare sgarbati. Ma una faccina può cambiare anche nettamente il significato di una frase, fino ad arrivare ad avere una rilevanza nell’ambito giudiziario. Vi sono infatti molteplici esempi di casi in cui le emoticon sono state fondamentali nello stabilire i giudizi finali dei processi. Un esempio curioso riguarda una giovane coppia in visita ad Israele, che desiderava prendere in affitto un appartamento. Dopo averlo visitato, avrebbe inviato delle emoticon felici al proprietario, che avrebbe interpretato le faccine soddisfatte come una conferma della prenotazione, sebbene i due avessero smesso di rispondere ai suoi messaggi. A seguito di questa vicenda, i due giovani sono stati accusati dalla Corte Israeliana e condannati al risarcimento per comportamenti contrari alla buona fede!
In definitiva, quindi, per quanto possano sembrare solamente uno sciocco simbolo da aggiungere a messaggini per dare colore alle proprie frasi, le emoticon sono un reale veicolo di comunicazione, a volte solamente di contorno, ma altre volte pericolose, tanto da diventare una vera e propria “arma comunicativa”.
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